Sicurezza urbana integrata, cos’è il nuovo modello smart di presidio

Sicurezza urbana integrata, cos’è il nuovo modello smart di presidio

Da alcuni anni il tema della sicurezza nelle città è stato rivisto secondo un modello organizzativo nuovo, quello della sicurezza urbana integrata, che lega tutti i soggetti interessati. La direzione spetta al prefetto, l’autorità provinciale di pubblica sicurezza che insieme al sindaco ha il compito di coordinare le attività facendo rispettare le diverse prerogative degli attori in gioco: dalle amministrazioni comunali ai soggetti privati, con la collaborazione delle forze di polizia locale e il possibile coinvolgimento di Polizia di Stato e Carabinieri.

 

Sicurezza urbana integrata, cosa si intende

 

La definizione di sicurezza urbana integrata va ricercata nel Pacchetto sicurezza del 2017 (anche detto Decreto Minniti), ossia il Decreto legge 14/2017, provvedimento introdotto su proposta del Ministro dell’interno con accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali. Qui, per sicurezza urbana si intende “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione e recupero delle aree o dei siti più degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con  interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni”.

 

Le tecnologie per la sicurezza urbana integrata

 

Secondo questa definizione, quindi, la sicurezza urbana attiene anche al contrasto dei reati e alle attività di polizia locale in genere. Il decreto introduce un concetto molto importante: i sindaci divengono i controllori ufficiali delle città e, ai sensi dell’art. 6 del Dl 11/2009, possono utilizzare i sistemi di videosorveglianza per il controllo degli spazi pubblici e aperti al pubblico.

 

Ai sindaci è consentito utilizzare sistemi avanzati per la videosorveglianza, come quelli basati sulla video analisi, ovvero sistemi che fanno uso di tecniche di computer vision (intelligenza artificiale) per analizzare, e non soltanto riprendere, le immagini catturate dalle telecamere dislocate sul territorio, in modo da prevenire azioni criminose o individuarne gli autori. Uno dei sistemi più efficaci per la video analisi consiste in un algoritmo di AI che combina le tecniche di riconoscimento comportamentale e di eventi eseguite on the edge su dispositivi dotati di telecamera.

 

Videosorveglianza urbana, le norme da osservare

 

Per evitare di incorrere in illeciti o in azioni che violano la privacy, nel loro operato i sindaci devono tenere presente che il decreto 14/2017 prevede che per ogni intervento di sicurezza urbana integrata si stipuli un patto con la prefettura, dal quale consegue una sinergia operativa che coinvolge non soltanto le forze di Polizia locale ma anche la Polizia di Stato e i Carabinieri, i quali possono avere accesso ai sistemi di videosorveglianza installati dai Comuni. A questa azione coordinata possono concorrere anche soggetti privati. Il decreto prevede infatti anche la presentazione di progetti per la messa in opera di sistemi di videosorveglianza tecnologicamente avanzati da parte degli enti che gestiscono l’edilizia residenziale, degli amministratori di condominio, delle imprese o delle associazioni di categoria ovvero dei consorzi o dei comitati costituiti fra imprese, professionisti o residenti (art.7 c. 1 bis).

 

Sicurezza urbana integrata: occhio alla privacy

 

Uno degli aspetti più rilevanti riguardante l’installazione di un sistema di videosorveglianza basato su video analisi è quello della privacy. È molto importante che i Comuni impostino fin da subito l’impianto in osservanza della Direttiva di polizia decreto legislativo 51/2018 (che ha recepito la Direttiva 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa), e del Regolamento europeo per la protezione dei dati (GDPR) secondo la logica della privacy by design e by default. Questo significa che i dispositivi elettronici installati devono essere progettati per rispettare le norme sulla tutela dei dati personali, ossia non possano funzionare contravvenendo a tali norme. La gestione delle informazioni ottenute attraverso la videosorveglianza, ossia la video analisi, deve avvenire nel rispetto dell’articolo 5 del GDPR, che sancisce i principi di liceità, necessità, proporzionalità alla base di qualsiasi trattamento di dati.

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