Al centro della agricoltura di precisione o dell’agricoltura 4.0 ci sono i sensori per agricoltura.
Ma facciamo un passo indietro. Se ne parla da anni, ma negli ultimi tempi, anche in Italia, è in atto una vera e propria rivoluzione del settore agricolo. Che passa, con merito, da settore ritenuto tradizionale e convenzionale, a settore ad alto tasso tecnologico. Sì, perché l’agricoltura di precisione, fino a qualche tempo fa ritenuta appannaggio solo delle aziende di grandi dimensioni, è oggi un modello di agricoltura consolidato anche in parecchie aziende agricole italiane. Le quali, per un discorso strutturale – il tessuto agricolo italiano è notoriamente frammentato, se non polverizzato – hanno dimensioni medio-piccole. Il che, oggi è dimostrato, non significa che non possano giocare la carta della innovazione tecnologica e dunque della competitività.
Fatta questa doverosa premessa, ci concentriamo di nuovo sui sensori per agricoltura, il cuore pulsante di un sistema che trasforma un’azienda agricola tradizionale in un’azienda agricola digitale. Ma come funzionano e a che cosa servono?
I sensori sono gli apri pista dell’agricoltura digitale
In estrema sintesi, i sensori per agricoltura sono gli elementi che rendono possibile la digitalizzazione delle aziende agricole. Tramite questi, infatti, le aziende agricole sono connesse e dialogano, anche da remoto, con gli operatori, i quali possono conoscere lo stato della propria azienda real-time.
I sensori per agricoltura aiutano a valutare lo stato di salute delle colture, il che permetterà di programmare trattamenti mirati, sono strategici per rilevare lo stato del terreno, e dunque pianificare interventi idrici adeguati, permettono di valutare in modo costante la condizione delle stalle, oppure delle serre. In altre parole, i sensori per agricoltura permettono di affrontare la produzione con un approccio scientifico e multidisciplinare, perché consentono di conoscere lo stato dei diversi elementi che contribuiscono a dare luogo alla produzione, ossia suolo, atmosfera, acqua, nutrimenti.
I sensori per agricoltura permettono il monitoraggio continuo
Ciascuno di questi elementi citati può variare in funzione della posizione geografica in cui si trova l’azienda, dello scorrere del tempo e, anche, di un’evoluzione del tutto naturale. Basti pensare al suolo e alle sue numerose mutazioni: il suolo è un sistema dinamico, perché in funzione di una serie di accadimenti possono variare il tenore di sostanza organica, l’umidità, addirittura la composizione. E, pertanto, per poter dare luogo a una produzione basata su dati certi, i sensori per agricoltura diventano un elemento indispensabile.
Alcuni esempi tra i sensori per agricoltura
I sensori impiegati in agricoltura sono di diversa natura e il loro impiego varia a seconda dell’utilizzo. Per esempio, i sensori ottici, oppure quelli a infrarossi, sono tipicamente utilizzati per conoscere lo stato del terreno e per caratterizzarlo, il che significa quantificare il contenuto di sostanza organica o il contenuto idrico. Gli stessi sensori infrarossi, ma anche quelli di riflessione di luce visibile e a induzione elettromagnetica, servono invece a raccogliere dati circa lo stato delle colture. Questi ultimi in particolare si impiegano per conoscere il livello nutritivo e prevedere un eventuale attacco di patogeni.
Naturalmente, i dati raccolti dai sensori devono essere elaborati e trasformati in informazioni rilevanti e coerenti. Allo scopo, si utilizzano software specifici, il cui compito è acquisire, controllare ed elaborare i dati e restituire così ai produttori dettagli utili per definire la a strategia di intervento in campo, in serra, in stalla.